martedì 20 dicembre 2011

“Brutta Storia”


Che cos'è la storia? La scienza degli uomini nel tempo no? Provate a chiedere ad un adolescente, a un bambino, al primo che passa per strada. Per molti la storia è un'insieme di date ed eventi; è un manuale, un catalogo di personaggi e fatti, talvolta curiosi, ma sempre statici, immutabili: è noiosa, insipida. In altre parole: brutta.
Si dice che il senso critico sia una caratteristica adatta a studenti già formati: universitari, o almeno maturandi. Ma è ingiusto pretendere che un bambino prenda per oro colato le parole di una maestra elementare o d'una professoressa della scuola media inferiore, imponendogli, quando s' affaccia all'età adulta, il tanto temuto senso critico. Qualche tempo dopo la mia laurea venni in contatto con una collana di libri per ragazzi: le Brutte Storie, edite da Salani. Ne rimasi colpito. Con un linguaggio semplice, bambinesco, vi erano narrate le vicende della storia dell'uomo, dai Puzzolenti Primitivi alla Pidocchiosa Prima Guerra Mondiale. Vi si trovavano brevi cronistorie, aneddoti divertenti e molte caratterizzazioni dei personaggi più importanti. Fin qui, niente di nuovo. Ciò che mi colpì fu lo stretto rapporto che l'autore, Terry Deary, tentava di creare tra la storia ed i piccoli lettori. L'assunto è che la storia è “brutta”, perché non è mai così semplice come appare sui libri:
“[…] Alfredo è diventato un eroe nazionale inglese perché i libri di storia dicono che era un grande leader. Ma chi ha fatto scrivere i libri? Alfredo, ovviamente. […] La storia può essere molto ingiusta. E anche piena di frottole.” (da I Sadici Sassoni, p.65)
Insomma è un punto di vista, un'indagine continua su eventi simili che porta a risultati sempre nuovi. In altre parole, è “piena di frottole”. Per questa ed altre strade passa il rinnovato interesse storico delle persone.
Grazie al grande successo della collana i creatori imboccarono un'altra via: nel maggio del 2009 uscì il party game I rivoltanti romani, sviluppato dalla Virtual Identity con la consulenza dello stesso Deary. Il titolo suscitò nell'immediato grande interesse e popolarità tra i piccoli lettori, cui fu finalmente permesso di entrare nel mondo che tanto li appassionava: la grafica del gioco ricordava fortemente i volumetti e l'immagine aneddotica, semplice, a tratti comica della storia marchiata Deary non smetteva di interessare i piccoli.






Secondo Spazio Games il gioco non pecca neppure in realismo, ne in didattica: accanto alle numerose icone di libri che si incontrano nella Roma di Commodo, che una volta aperte danno informazioni storiche, si scorgono i segni della decadenza dell'Urbe; luridi bagni pubblici, mendicanti malati e, nel traboccante stile Deary, perfino alcuni cadaveri che galleggiano nelle fogne o delle carcasse di mucche sui tetti degli edifici (un inequivocabile segno di sventura per i latini!). Non sono mancate voci critiche,  ma l'unica vera mancanza, rispetto alla collana, sta nel mancato stimolo verso un primo e rudimentale senso critico. D'altronde un libro non è un videogioco: è differente l'intrattenimento che vi si ricerca ed il modo in cui viene fruito. Senza contare che da una maggiore notorietà del titolo Brutte Storie non può che trarre vantaggio l'intera collezione e di conseguenza l'immagine della  Storia presso gli studenti più giovani.




NOTE
I collegamenti relativi ai commenti sul videogame sono ai primi posti nella visualizzazione di Google dopo un ricerca secondo le seguenti parole chiave: brutte storie i rivoltanti romani. Multyplayer.it ha pubblicato un grafico per registrare la popolarità del videogame sul web, mentre su Gamestorm.it il gioco viene criticato e definito "una bambinata": evidente l'autore del commento non è riuscito ad entrare nell'ottica delle Brutte Storie.

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